Pensieri Profondi

PENSIERI PROFONDI
«Ho controllato molto approfonditamente e questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la domanda». (Pensiero Profondo)

01/03/13

La realtà è analogica o digitale?


Introduzione
Il Foundational Questions Institute (agli indirizzi http://www.fqxi.org/community e https://twitter.com/FQXi) è un’organizzazione indipendente, senza scopo di lucro, gestita da scienziati per sostenere e diffondere la ricerca sulle questioni alla base della fisica e della cosmologia, soprattutto per quelle ricerche fondamentali per una profonda conoscenza della realtà, ma che difficilmente potrebbero essere supportate da fonti tradizionali di finanziamento.
Essenziale per questa organizzazione è anche la divulgazione scientifica e quindi molti dei saggi scritti dai suoi membri sono accessibili e comprensibili da un largo pubblico (si veda per esempio http://web.ncsu.edu/abstract/science/wms-mjolnir/ post scherzoso ma scientifico sul calcolo del peso del martello di Thor). L’unico requisito è la conoscenza della lingua inglese.
Periodicamente l’FQXi lancia concorsi per promuovere discussioni e scambi di idee su argomenti particolari: uno di questi chiedeva a fisici e filosofi di scrivere un saggio in risposta alla domanda «La realtà è analogica o digitale?». Da uno dei saggi migliori (in versione originale all'indirizzo http://www.fqxi.org/data/essay-contest-files/Tong_integers.pdf), scritto da David Tong (docente di fisica teorica all'Università di Cambridge), ho preso i concetti alla base di questo post.


Analogico contro digitale
Si tratta di due modi profondamente differenti di rappresentare la realtà: il primo procede per analogie e processi continui, l’altro in maniera discontinua e attraverso dei segni che vanno interpretati con un codice.
Un esempio semplice sono gli orologi: negli orologi analogici, quelli in cui ci sono delle lancette che si muovono nello spazio, è l’immagine delle lancette sul quadrante a dirci che ore sono, e il tempo appare come un fluire ininterrotto, continuo. Invece negli orologi digitali abbiamo solo dei numeri (segni), e se vogliamo sapere quanto tempo manca a un certo appuntamento dobbiamo compiere un’operazione algebrica (codifica). Il tempo appare in questo caso discontinuo, procedente a scatti.
Un altro esempio quotidiano: l’immagine in un quadro dipinto è analogica, formata da un continuo ininterrotto di colori e sfumature; l’immagine su uno schermo è digitale formata dall'unione di pixel definiti e staccati uno dall'altro.
Ma la natura ultima della realtà è digitale o analogica, discontinua o continua?
Nel primo caso il tempo, lo spazio e ogni entità e processo nello spazio-tempo sarebbero in ultima analisi discreti, formati cioè da entità indivisibili e singolari; l’universo fisico potrebbe essere adeguatamente modellato da valori discreti come i numeri interi.
Nel secondo caso tutta la realtà sarebbe invece continua e la struttura ultima del tempo, dello spazio, della materia e di ogni entità sarebbe divisibile all'infinito  I valori rappresentanti l’universo fisico potrebbero essere allora i numeri reali.


Un antico enigma
Alla fine dell'Ottocento il matematico tedesco Leopold Kronecker affermò: «Dio ha creato i numeri interi, tutto il resto è opera dell'uomo».
II dibattito tra digitale e analogico è uno dei più antichi della filosofia e della fisica. Dove Democrito e gli atomisti vedevano la realtà come discreta, altri filosofi greci come Platone e Aristotele la consideravano continua. Ai tempi di Isaac Newton i filosofi naturali erano divisi tra teorie particellari (discrete) e ondulatorie (continue). All'epoca di Kronecker i difensori dell'atomismo, tra cui John Dalton, James Clerk Maxwell e Ludwig Boltzmann, riuscirono a ricavare le leggi della chimica, della termodinamica e dei gas. Ma molti scienziati continuavano a non essere convinti, facendo notare che le leggi della fisica si riferiscono solo a grandezze continue, come l'energia, il campo elettrico e il campo magnetico. Max Planck, che in seguito avrebbe fondato la meccanica quantistica, affermò del 1882: «Nonostante il grande successo riscosso finora dalla teoria atomica, prima o poi la si dovrà abbandonare a favore dell'ipotesi della materia continua».
Tra i fisici di oggi è sempre più diffusa l’opinione che la natura sia in definitiva discreta, che i costituenti ultimi della materia e dello spazio-tempo si possano contare a uno a uno. Molti fisici sono arrivati a pensare che il mondo naturale sia come un enorme computer descritto da bit discreti di informazione e in cui le leggi fisiche sono un algoritmo, un po' come la pioggia digitale verde che Neo vede alla fine di Matrix.
Ma le leggi della fisica funzionano davvero così? Altri scienziati ritengono invece che la realtà sia in definitiva analogica e non digitale. In questa visione il mondo è un autentico continuum. Per quanto lo si guardi da vicino, non si troveranno costituenti indivisibili. Le grandezze fisiche non sarebbero allora numeri interi, ma reali: numeri «continui», con un numero infinito di cifre dopo la virgola. Gli appassionati di Matrix rimarrebbero in questo caso delusi nel sapere che le leggi fisiche hanno proprietà che nessuno può simulare al computer, per quanto potente questo possa essere.


Il quanto non quantistico
All'inizio del Novecento la meccanica quantistica ha definitivamente trasformato il dibattito digitale-analogico. Nel 1925 Erwin Schrödinger sviluppò un approccio alla teoria quantistica basato sull'idea di onda. L'equazione che formulò per descrivere come evolvono queste onde contiene solo grandezze continue e nessun intero. Eppure quando risolviamo l'equazione di Schrödinger per uno specifico sistema avviene una piccola magia matematica: compaiono dei numeri interi! Consideriamo per esempio l'atomo di idrogeno: l'elettrone orbita attorno al protone a distanze precise. Queste orbite fisse corrispondono alle soluzioni dell’equazione d’onda per numeri quantici pari a 1, 2, 3… L'atomo è analogo a un organo a canne, che produce una serie discreta di note anche se il movimento dell'aria è continuo.
Riformulando la frase di Kronecker si potrebbe allora affermare: «Dio ha creato il continuo, tutto il resto è opera dell'equazione di Schrödinger».
In altre parole, gli interi non sono i termini iniziali della teoria, sono il risultato finale. In questa visione delle cose il termine «meccanica quantistica» è fuorviante. In profondità questa teoria non è quantistica e i fenomeni descritti dalla teoria plasmano il discreto a partire dal continuo sottostante. I costituenti della natura non sono le particelle come l'elettrone, i quark o il bosone di Higgs, ma i campi, oggetti continui e fluidi distribuiti nello spazio: il campo elettro-magnetico, il campo nucleare forte, il campo di Higgs e così via. Gli oggetti che chiamiamo particelle fondamentali non sono altro che increspature di campi continui.


Il campo quantistico
Anche se le teorie oggi più accettate (la meccanica quantistica ed il modello standard) ipotizzano che la realtà sia continua, molti fisici ritengono che al di sotto del continuo ci sia una realtà discreta, un po’ come l'acqua in un bicchiere che appare indifferenziata e continua su scala macroscopica e solo se osservata molto più da vicino mostra i suoi costituenti atomici.
È possibile che un meccanismo del genere si trovi al cuore della fisica? Forse, se guardassimo a un livello più profondo, i campi quantistici continui del modello standard o addirittura lo stesso spazio-tempo rivelerebbero una struttura discreta soggiacente, così come si suppone nella teoria delle stringhe: gli elementi essenziali, gli oggetti fondamentali mono-dimensionali. Viste da vicino, tutte le grandezze continue sarebbero allora discrete, distribuite su una griglia fittissima che da l'illusione del continuo, come i pixel di uno schermo per computer.


Conclusione?
E allora, la realtà è analogica o digitale? Non conosciamo la risposta a questa domanda e forse in definitiva ha ragione Johann Wolfgang Goethe: «Tutto è più semplice di quanto si possa pensare e allo stesso tempo più complicato di quanto si possa capire»…


10 commenti:

12 luca ha detto...

concordo con la citazione finale di Goethe. c'è 1 bell'aforisma (purtroppo ai limiti tra la leggenda metropolitana e il falso scientifico, ma cmq molto bello), ke dice + o -:

"Considerando l'apertura alare e la frequenza del battito delle ali
rapportate al peso, e' scientificamente provato che il coleottero non
puo'
volare.
Eppure lui nono lo sa, e quindi vola" :)

detto ciò, le "soluzioni" (sempre ke esistano...) sono molteplici, e primo fra tutto, andrebbe messo in conto il COME noi percepiamo la realtà coi ns 5 sensi. faccio l'esempio della musica e del fatto ke il ns orekkio può distinguere solo le frequenze ke corrispondono ai cosiddetti "semitoni", ma essi stessi esistono proprio xkè le ns orekkie nn possono precepire cosa vi stia nel mezzo.
quindi la realtà può essere ondulatoria E/O corpuscolare (ciò ke vediamo altro nn è ke luce riflessa, e qst'ultima nn sappiamo ancora di ke natura sia...) e avremmo come unico strumento x "vederla realmente", senza dipendere dai ns 5 sensi, la matematica....ma......cosa accadrebbe se ANCHE la NOSTRA matematica fosse solo UNA delle possibili matematike esistenti nell'universo e desse così solo la spiegazione ke potrebbe (1 po' come le ns orekkie cn la musica)?

gran bella domanda max.... :))

11 Rocco ha detto...

wow!
ho sempre avuto una predilezione per il continuo...
la mia avversita` per il discreto deriva dal fatto che l'immagine discreta viene cmq sempre completata dall'immaginazione (almeno nella mia percezione) e quindi tutto ritorna ad essere un'immagine continua nel capo della fantasia... e la fantasia seppur non reale resta comunque VERA espressione dell'esistente...

8 Massimo ha detto...

L’esempio musicale di Luke calza a pennello…
Una corda vibrante può emettere a seconda della sua lunghezza, del suo diametro, della sua tensione… uno spettro continuo di suoni, coprendo in teoria tutte le frequenze udibili dall'orecchio umano (più o meno da 20 Hz a 20kHz). L’orecchio sente tutte le frequenze, ma cataloga come gradevoli solo una parte di queste, quelle che si trovano una rispetto all'altra ad intervalli ben definiti: considerando come punto di partenza la nota LA a 440 Hz emessa dal diapason, i “suoni gradevoli” hanno frequenze calcolabili con la formula f=440x2^(n/12) con n numero intero qualsiasi.
Note discrete emergenti da uno spettro sonoro continuo, output digitali generati da segnali analogici.

Soviel Schein, soviel Sein...

11 Rocco ha detto...

*errata corrige del mio commento precedente: capo=campo

...mentre se dal visivo passiamo all'udibile con altre parole potremmo dire che ci accontentiamo del digitale (discreto) perché pulisce la realtà dalle disarmonie cacofoniche... nell'analogico invece i suoni percorrono tutta la gamma delle armonie e disarmonie, tocca a noi esere attori della pulizia, se vogliamo, x rendere gradevole la realtà...

voi prendete la strada dorata che cela delle verità o quella + intrigante che vi fa scorgere dettagli oscuri?
se scegliete la prima via digitale. non vi resterà una sensazione di incomprensione del vuoto?
se scegliete la seconda via analogica, vorrete fare in modo che tutto conduca al perfetto discreto?

8 Massimo ha detto...

Horror vacui! Il vuoto non esiste, i campi permeano l’universo!!

Dall’etere siamo passati al campo di Higgs, ma restiamo fondamentalmente aristotelici... e quindi analogici!

11 Rocco ha detto...

esatto, il vuoto non esite...
affascinante!
...perché quando se ne ha una sensazione/percezione, significa che lo stiamo già riempiendo della sua essenza...

6 Patrice ha detto...

Proprio bel'articolo.
Non ho piu' le competenze filo-fisico-matematico per entrare nel cuore del dibattito ma mi appassiona sempre.
Sara' interessante di vedere se i nostri fisici riescono a riunire in una legge sola le tre leggi della fisica: Termodinamica, quantica e relativita'.
Sara' interessante di vedere se a quel momento delle risposte si fanno.
Pero', come e' ben detto sia nel articolo che nei vostri commenti, dipende molto dalla percezione dai i filtri che vogliamo metterci davanti agli occhi. Il lato filosofico della questione...
La scenza porta risultati ma quello che fa il risultato e' il come viene interpretato.

Detto questo...me ne vado a leggere questi articoli...

11 Rocco ha detto...

a volte ritornano...
ma come si può credere fermamente nella realtà analogica e continua se il paradosso di Achille e la tartaruga fa acqua?

Aristotele: «Un mobile più lento non può essere raggiunto da uno più rapido; giacché quello che segue deve arrivare al punto che occupava quello che è seguìto e dove questo non è più (quando il secondo arriva); in tal modo il primo conserva sempre un vantaggio sul secondo»

detto altrimenti da Borges: «Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla».

Come è possibile che nella realtà Achille raggiunge e supera la tartaruga?

Forse la mente e la fantasia superano il concreto e completano la realtà con ciò che il concreto non è capace di far accadere...

Luca ha detto...

In realtà il paradosso di Achille e la tartaruga, inizialmente teorizzato da Zenone, è di facile comprensione se si effettua una differenziazione tra l'estensione in senso fisico e l'estensione in senso matematico. dal punto di vista matematico infatti tra Achille e la tartaruga esisteranno infiniti punti e la tartaruga avendo un vantaggio iniziale lo conserverà per sempre. Se si analizza la situazione dal punto di vista fisico i punti pur essendo piccoli avranno una loro dimensione. Inoltre Achille supera la tartaruga se si connette lo spazio con il tempo, cosa che Zenone non aveva fatto.

11 Rocco ha detto...

Uh! bello vedere come gli args ritornano in discussione... ;-) il ponte di Einstein-Rosen detto anche wormhole... :-D