Pensieri Profondi

PENSIERI PROFONDI
«Ho controllato molto approfonditamente e questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la domanda». (Pensiero Profondo)
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24/06/17

QUARANTADUE

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Ho controllato molto approfonditamente, mi ci sono voluti sette milioni e mezzo di anni, ma alla fine sono giunto anche io alla stessa conclusione. D'altra parte siamo quasi colleghi...


La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto. Ma infine il vero problema è conoscere la domanda...

Buona estate a tutti e grazie per tutto il pesce :-)

13/07/14

L'arbitro quantistico

9 commenti
Complimenti a Laura e Daniele, i nostri nuovi arbitri!! Bravissimi!!!

Ma ricordate: il patentino da arbitro è solo il primo passo, il difficile viene adesso... Vi conviene cominciare a studiare un po' di fondamenti di meccanica quantistica, non si sa mai ;-)


PS: liberamente ispirato ad una striscia di «Sandra and Woo» di Novil e Powree.

16/02/14

Newton versus Archimede: la soluzione

4 commenti
Quando Daniele mi ha proposto il quesito, di primo acchito ho pensato «A destra la palla è attaccata al filo quindi non dà nessun contributo alle forze agenti sulla bilancia; la bilancia scenderà a sinistra dove invece la pallina da ping pong è vincolata al piatto…». Ma pensandoci su ho cominciato a ragionare sul fatto che la pallina d’acciaio è immersa nell'acqua e attraverso l’acqua è comunque a contatto con il piatto della bilancia. Ho ripreso allora lo schemino e ho cominciato a disegnarci su i vettori delle forze in gioco: forze-peso, spinte idrostatiche e… forze di reazione! Ad ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria: ecco come si spiega… e la bilancia scenderà sicuramente a destra \(^_^)/

E quindi, essendo da buon chimico un empirista incrollabile, ho verificato la teoria con l'esperimento.
Non avendo a disposizione una bilancia a due piatti ho usato la mia bilancia da cucina e ho operato una serie di pesate in successione.
Ho usato un grande becher di vetro, riempito esattamente con 2 litri d’acqua, una pallina da ping pong a cui ho fissato una cordicella e, non avendo una pallina d’acciaio, un’altra pallina da ping pong riempita di sabbia e sigillata con nastro adesivo bianco. I pesi sono visualizzati nelle foto seguenti:

Pesi iniziali


Ho fissato poi la pallina sul fondo del becher e ho misurato il peso del sistema: 2463 grammi.

Simulazione del piatto sinistro


Quindi ho tolto la pallina da ping pong e ho sospeso nell'acqua la pallina piena di sabbia: la bilancia ha registrato in questo caso un peso totale di 2497 grammi.

Simulazione del piatto destro


Se avessimo avuto una bilancia a due bracci avremmo allora sul piatto sinistro un peso di 2463 grammi e sul piatto destro un peso di 2497 grammi: e il piatto di destra si abbasserebbe, ineluttabilmente…

Non sto qui a ripetere la spiegazione teorica in quanto perfettamente illustrata dalla nostra mitica Alice (a dire il vero anche Daniele mi ha inviato via email una bella dimostrazione, molto ingegneristica come approccio, che pubblicherò come commento a questo post). Ma faccio due conticini per vedere se l’esperimento torna con la teoria.

Una pallina da ping pong ha un diametro di 4 cm e un peso di 2,7 grammi (ho trovato i dati sul sito mondopingpong), che torna con il peso di 3 grammi trovato sperimentalmente e comprendente anche il peso della cordicella.
Come previsto da Alice, sul piatto di sinistra agiscono le forze-peso del becher (460 g), dell’acqua (2000 g) e della pallina (3 g), per un totale di 2463 grammi. La spinta idrostatica e la conseguente forza di reazione si annullano l’una con l’altra e non danno nessun contributo.

Seguendo la spiegazione di Alice, sul piatto di destra agiscono le forze-peso del becher (460 g), dell’acqua (2000 g) e la forza di reazione alla spinta idrostatica, pari al peso di una massa d’acqua di volume uguale al volume della pallina. Quindi, avendo l’acqua peso specifico pari ad 1 g/cm3 ed essendo il volume della pallina di circa 34 cm3, la forza di reazione vale 0,33 N, pari ad una forza-peso di 34 grammi. Sul piatto destro della bilancia dovremmo avere quindi un peso totale di 2494 grammi.
Il mio esperimento ha rilevato un peso di 2497 grammi che, considerando la non idealità della cordicella che ho usato per sospendere la pallina (che ha un volume e un peso certamente non trascurabili) e il volume un poco maggiore della pallina ricoperta dal nastro adesivo, è in ottimo accordo con la teoria!

Infine le citazioni. Ho faticato a trovare la fonte originale di questo problema, ampiamente diffuso sul web su vari siti e social network, ma penso che la fonte primaria sia il libro di  Jerry Silver “125 Physics Projects for the Evil Genius”.
Segnalo anche che su YouTube è possibile trovare un video dell’esperimento, all'indirizzo http://youtu.be/b_8LFhakQAk.

Grazie a Daniele per l'ispirazione e a Rocco, Roberto, Davide e Luca per gli interventi. Uno speciale ringraziamento ad Alice per la bella risoluzione.

Concludo con una considerazione ispirata alle "Lezioni americane" di Italo Calvino:
«Per Newton la gravità contiene in sé il segreto della leggerezza; per Archimede la leggerezza è una gravità senza peso... nessuno vince, nessuno perde».

18/01/14

Brain Training: Newton versus Archimede

16 commenti

Su una bilancia a piatti a due braccia sono posti due bicchieri esattamente uguali e che contengono la stessa quantità di acqua: la bilancia è perfettamente in equilibrio.


Nel bicchiere a sinistra viene posta una pallina da ping pong, ancorata al fondo con un sottile filo che la mantiene completamente sott'acqua.

Nel bicchiere di destra viene invece posta una pallina di acciaio, di volume esattamente uguale alla pallina da ping pong. La pallina d’acciaio è però tenuta sospesa nell'acqua per mezzo di un sottile filo legato ad un’intelaiatura esterna ed indipendente dalla bilancia.

Osservate bene il disegno…

Secondo voi, la bilancia resta in equilibrio, si abbassa a destra o si abbassa a sinistra? Provateci, basta un po’ d’intuito… o una laurea in fisica ;-)


PS: “Belli Capelli”, che mi ha proposto il quesito, è diffidato per il momento a dare la soluzione. Dan, puoi naturalmente commentare a tuo piacimento xD

01/03/13

La realtà è analogica o digitale?

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Introduzione
Il Foundational Questions Institute (agli indirizzi http://www.fqxi.org/community e https://twitter.com/FQXi) è un’organizzazione indipendente, senza scopo di lucro, gestita da scienziati per sostenere e diffondere la ricerca sulle questioni alla base della fisica e della cosmologia, soprattutto per quelle ricerche fondamentali per una profonda conoscenza della realtà, ma che difficilmente potrebbero essere supportate da fonti tradizionali di finanziamento.
Essenziale per questa organizzazione è anche la divulgazione scientifica e quindi molti dei saggi scritti dai suoi membri sono accessibili e comprensibili da un largo pubblico (si veda per esempio http://web.ncsu.edu/abstract/science/wms-mjolnir/ post scherzoso ma scientifico sul calcolo del peso del martello di Thor). L’unico requisito è la conoscenza della lingua inglese.
Periodicamente l’FQXi lancia concorsi per promuovere discussioni e scambi di idee su argomenti particolari: uno di questi chiedeva a fisici e filosofi di scrivere un saggio in risposta alla domanda «La realtà è analogica o digitale?». Da uno dei saggi migliori (in versione originale all'indirizzo http://www.fqxi.org/data/essay-contest-files/Tong_integers.pdf), scritto da David Tong (docente di fisica teorica all'Università di Cambridge), ho preso i concetti alla base di questo post.


Analogico contro digitale
Si tratta di due modi profondamente differenti di rappresentare la realtà: il primo procede per analogie e processi continui, l’altro in maniera discontinua e attraverso dei segni che vanno interpretati con un codice.
Un esempio semplice sono gli orologi: negli orologi analogici, quelli in cui ci sono delle lancette che si muovono nello spazio, è l’immagine delle lancette sul quadrante a dirci che ore sono, e il tempo appare come un fluire ininterrotto, continuo. Invece negli orologi digitali abbiamo solo dei numeri (segni), e se vogliamo sapere quanto tempo manca a un certo appuntamento dobbiamo compiere un’operazione algebrica (codifica). Il tempo appare in questo caso discontinuo, procedente a scatti.
Un altro esempio quotidiano: l’immagine in un quadro dipinto è analogica, formata da un continuo ininterrotto di colori e sfumature; l’immagine su uno schermo è digitale formata dall'unione di pixel definiti e staccati uno dall'altro.
Ma la natura ultima della realtà è digitale o analogica, discontinua o continua?
Nel primo caso il tempo, lo spazio e ogni entità e processo nello spazio-tempo sarebbero in ultima analisi discreti, formati cioè da entità indivisibili e singolari; l’universo fisico potrebbe essere adeguatamente modellato da valori discreti come i numeri interi.
Nel secondo caso tutta la realtà sarebbe invece continua e la struttura ultima del tempo, dello spazio, della materia e di ogni entità sarebbe divisibile all'infinito  I valori rappresentanti l’universo fisico potrebbero essere allora i numeri reali.


Un antico enigma
Alla fine dell'Ottocento il matematico tedesco Leopold Kronecker affermò: «Dio ha creato i numeri interi, tutto il resto è opera dell'uomo».
II dibattito tra digitale e analogico è uno dei più antichi della filosofia e della fisica. Dove Democrito e gli atomisti vedevano la realtà come discreta, altri filosofi greci come Platone e Aristotele la consideravano continua. Ai tempi di Isaac Newton i filosofi naturali erano divisi tra teorie particellari (discrete) e ondulatorie (continue). All'epoca di Kronecker i difensori dell'atomismo, tra cui John Dalton, James Clerk Maxwell e Ludwig Boltzmann, riuscirono a ricavare le leggi della chimica, della termodinamica e dei gas. Ma molti scienziati continuavano a non essere convinti, facendo notare che le leggi della fisica si riferiscono solo a grandezze continue, come l'energia, il campo elettrico e il campo magnetico. Max Planck, che in seguito avrebbe fondato la meccanica quantistica, affermò del 1882: «Nonostante il grande successo riscosso finora dalla teoria atomica, prima o poi la si dovrà abbandonare a favore dell'ipotesi della materia continua».
Tra i fisici di oggi è sempre più diffusa l’opinione che la natura sia in definitiva discreta, che i costituenti ultimi della materia e dello spazio-tempo si possano contare a uno a uno. Molti fisici sono arrivati a pensare che il mondo naturale sia come un enorme computer descritto da bit discreti di informazione e in cui le leggi fisiche sono un algoritmo, un po' come la pioggia digitale verde che Neo vede alla fine di Matrix.
Ma le leggi della fisica funzionano davvero così? Altri scienziati ritengono invece che la realtà sia in definitiva analogica e non digitale. In questa visione il mondo è un autentico continuum. Per quanto lo si guardi da vicino, non si troveranno costituenti indivisibili. Le grandezze fisiche non sarebbero allora numeri interi, ma reali: numeri «continui», con un numero infinito di cifre dopo la virgola. Gli appassionati di Matrix rimarrebbero in questo caso delusi nel sapere che le leggi fisiche hanno proprietà che nessuno può simulare al computer, per quanto potente questo possa essere.


Il quanto non quantistico
All'inizio del Novecento la meccanica quantistica ha definitivamente trasformato il dibattito digitale-analogico. Nel 1925 Erwin Schrödinger sviluppò un approccio alla teoria quantistica basato sull'idea di onda. L'equazione che formulò per descrivere come evolvono queste onde contiene solo grandezze continue e nessun intero. Eppure quando risolviamo l'equazione di Schrödinger per uno specifico sistema avviene una piccola magia matematica: compaiono dei numeri interi! Consideriamo per esempio l'atomo di idrogeno: l'elettrone orbita attorno al protone a distanze precise. Queste orbite fisse corrispondono alle soluzioni dell’equazione d’onda per numeri quantici pari a 1, 2, 3… L'atomo è analogo a un organo a canne, che produce una serie discreta di note anche se il movimento dell'aria è continuo.
Riformulando la frase di Kronecker si potrebbe allora affermare: «Dio ha creato il continuo, tutto il resto è opera dell'equazione di Schrödinger».
In altre parole, gli interi non sono i termini iniziali della teoria, sono il risultato finale. In questa visione delle cose il termine «meccanica quantistica» è fuorviante. In profondità questa teoria non è quantistica e i fenomeni descritti dalla teoria plasmano il discreto a partire dal continuo sottostante. I costituenti della natura non sono le particelle come l'elettrone, i quark o il bosone di Higgs, ma i campi, oggetti continui e fluidi distribuiti nello spazio: il campo elettro-magnetico, il campo nucleare forte, il campo di Higgs e così via. Gli oggetti che chiamiamo particelle fondamentali non sono altro che increspature di campi continui.


Il campo quantistico
Anche se le teorie oggi più accettate (la meccanica quantistica ed il modello standard) ipotizzano che la realtà sia continua, molti fisici ritengono che al di sotto del continuo ci sia una realtà discreta, un po’ come l'acqua in un bicchiere che appare indifferenziata e continua su scala macroscopica e solo se osservata molto più da vicino mostra i suoi costituenti atomici.
È possibile che un meccanismo del genere si trovi al cuore della fisica? Forse, se guardassimo a un livello più profondo, i campi quantistici continui del modello standard o addirittura lo stesso spazio-tempo rivelerebbero una struttura discreta soggiacente, così come si suppone nella teoria delle stringhe: gli elementi essenziali, gli oggetti fondamentali mono-dimensionali. Viste da vicino, tutte le grandezze continue sarebbero allora discrete, distribuite su una griglia fittissima che da l'illusione del continuo, come i pixel di uno schermo per computer.


Conclusione?
E allora, la realtà è analogica o digitale? Non conosciamo la risposta a questa domanda e forse in definitiva ha ragione Johann Wolfgang Goethe: «Tutto è più semplice di quanto si possa pensare e allo stesso tempo più complicato di quanto si possa capire»…


31/05/11

Il rischio zero non esiste...

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Il rischio zero non esiste”... chi ha pratica di valutazioni di rischio conosce bene questa frase, che nasconde una considerazione importante “quale è il livello di rischio accettabile?” o in altre parole quale rischio siamo disposti a tollerare e quindi a correre?

Partiamo dalle basi: cosa si intende per rischio? Prendiamo un esempio pratico: una persona percorre tutti i giorni in auto 20 km per andare al lavoro. Esiste una probabilità non nulla di avere un incidente, che dipende da fattori esterni (orario in cui si viaggia, condizioni del traffico, tipo di strada...) e fattori umani (stile di guida, stato del guidatore, attenzione...).
C’è poi da considerare il livello di gravità delle conseguenze dell’incidente, dipendente anche questa volta da fattori esterni (equipaggiamento di sicurezza dell’auto, tipo di veicolo...) e umani (uso della cintura di sicurezza, velocità tenuta...).
La combinazione della probabilità e della gravità genera il livello di rischio: più sono alte probabilità e gravità, tanto più alto è il rischio.

Per ridurre il rischio è quindi necessario ridurre la probabilità (migliorando i sistemi di sicurezza, rendendo più efficaci gli impianti, riducendo le incidenze dei guasti accidentali...) o la gravità (sistemi di contenimento e di protezione più efficienti...).
In qualsiasi attività umana, in qualsiasi cosa facciamo, vi è un rischio: la cosa importante è che sia minimo. Anche lo stare sdraiati a letto ci espone a rischi (terremoto, caduta di meteorite...), naturalmente ridottissimi ma non nulli.

Tutta questa introduzione per parlare di centrali nucleari: è evidente a tutti che gli scenari incidentali possono essere in questo caso gravissimi (Chernobyl e Fukushima ce lo dimostrano). La probabilità di accadimento è spacciata come bassissima, con un conseguente rischio incidentale accettabile.

Ma è veramente così? Due incidenti di livello 7 (il massimo) in 25 anni, considerando circa 500 centrali nucleari operative nel mondo, ci dà una probabilità per una data centrale di 1 evento ogni 250 anni, probabilità bassa ma certamente non trascurabile (per confronto, se viaggiassimo in aereo tutti i giorni, avremmo la probabilità di un incidente mortale ogni 5000 anni!!).

Il vero limite della tecnica della valutazione dei rischi è la quantificazione della probabilità dell’errore umano. E’ relativamente facile, dati statistici alla mano, valutare l’efficienza di una macchina, è arduo valutare invece l’affidabilità dell’uomo.


Prendiamo per esempio il caso di Chernobyl: l’incidente più grave nella storia delle centrali nucleari è stato causato da una serie impressionante di coincidenze ed errori.
Il reattore nucleare di Chernobyl era formato da uno scheletro portante di grafite (con la funzione di rallentare i neutroni veloci emessi dal materiale radioattivo e promuovere quindi la fissione nucleare): in esso erano alloggiate le barre del combustibile nucleare. Il calore generato dalla fissione dell’uranio era asportato da acqua che scorreva in tubi di zirconio (metallo particolarmente resistente alla corrosione). Il vapore d’acqua generato durante lo scambio termico metteva in movimento delle turbine che generavano infine energia elettrica. La reazione nucleare era mantenuta sotto controllo da 200 barre di boro, elemento che assorbe e blocca i neutroni arrestando la fissione nucleare (variando il numero di barre infilate nel reattore si variava la potenza generata).

L’incidente è avvenuto durante una prova decisa dalla direzione della centrale. L’impianto aveva infatti un difetto costruttivo: in caso di blackout elettrico le pompe dell’acqua di raffreddamento si fermavano per circa 30 secondi, prima dell’intervento dei gruppi elettrogeni d’emergenza, creando una situazione difficile da gestire. I responsabili della centrale volevano provare ad usare direttamente l’energia elettrica generata dalle turbine per alimentare le pompe dell’acqua.

Potete trovare una descrizione approfondita della sequenza completa che ha portato all’incidente a questi link Wikipedia: il disastro di Chernobyl e Fisicamente: Chernobyl

In sintesi però ecco la serie di errori che ha portato al disastro:
  • 1° errore: il test programmato alle ore 8AM del 25 aprile 1986 si svolse poi (per una richiesta non preventivata di energia elettrica) alle 01AM del 26 aprile. Invece di avere la presenza di tutto il personale tecnico della centrale, era presente al test solo il personale del turno di notte, ridotto e non ben informato sul test stesso.
  • 2° errore: il raffreddamento di emergenza fu scollegato per impedire il suo intervento e rendere la prova più “reale”. Una grave sottovalutazione del rischio.
  • 3° errore: per ridurre il rischio si pensò di condurre la prova mantenendo il reattore alla potenza minima, anche se questo era vietato dal manuale operativo: infatti alle basse potenze si innesca una reazione secondaria che genera Xenon-135, un isotopo che fa aumentare notevolmente l’assorbimento di neutroni, facendo crollare ulteriormente la potenza generata e creando un effetto di mascheramento della reale reattività del nucleo. Nessun del personale tecnico della centrale conosceva questo fatto.
  • 4° errore: per cercare di fare risalire la potenza del reattore, scesa troppo a causa della produzione di Xenon-135, si estrassero quasi tutte le barre di controllo di boro, superando il limite minimo di 30 barre: una grave violazione delle norme di sicurezza.
  • 5° errore: il calo eccessivo della potenza fece scendere così tanto la temperatura dell’acqua da portare quasi al blocco delle turbine per mancanza di vapore: per continuare la prova si decise quindi di disattivare tutti i sistemi di blocco automatico del reattore che sarebbero potuti intervenire ed evitare l’incidente. Troppa sicurezza in sé stessi e negazione del rischio.
Alle 01:23:04 il capo turno tolse l’alimentazione elettrica alle pompe di raffreddamento e cercò di alimentarle con l’energia della turbina. La portata di acqua diminuì drasticamente (ed il raffreddamento d’emergenza, disattivato, non poté intervenire). La sequenza degli eventi fu allora molto rapida:
  • la temperatura del nocciolo cominciò a salire rapidamente;
  • l’acqua di raffreddamento cominciò a vaporizzare, riducendo ancora la quantità di calore asportato;
  • la temperatura del nocciolo salì ancora e avviò la reazione di fissione dello Xeno-135, che creò energia e causò un aumento enorme della quantità di neutroni disponibili per attivare altre fissioni nucleari;
  • alle 01:23:40 gli allarmi di alta temperatura suonarono nella sala controllo e gli operatori avviarono la procedura d'emergenza di spegnimento che prevedeva l’inserimento di tutte le barre di boro nel reattore;
  • le barre non scesero! La temperatura all’interno del reattore era infatti così alta da aver fuso i tubi di zirconio e le barre di uranio: i canali di immissione delle barre erano deformati ed inservibili;
  • alle 01:23:47 la potenza generata dal reattore raggiunse un valore pari a 10 volte la potenza nominale: la reazione fra acqua e zirconio ad alta temperatura generò una grande bolla di idrogeno che a contatto con la grafite incandescente esplose, facendo saltare la piastra superiore del reattore (una enorme “tappo” di acciaio e cemento del peso di circa 1000 tonnellate). Il nocciolo era scoperto, l’incidente di Chernobyl era accaduto!

Quale è il limite del rischio che ognuno di noi è disposto ad accettare? Il rischio zero non esiste e questo vale tanto più per le centrali nucleari.
E l’uomo con le sue debolezze ed i suoi errori sarà sempre l’anello debole della catena...

PS: grazie a Marco e a Rocco per avermi ricordato l'argomento ;-)

07/01/11

Brain Training #6: le fatiche di Chiara

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Le feste sono finite, abbiamo gozzovigliato a volontà e adesso è il momento di dimostrare che tutto quello che abbiamo ingurgitato avrà anche appesantito il nostro fisico, ma non ha intaccato in nessun modo la nostra attività cerebrale.

Nell'ultimo Brain Training abbiamo spaziato dai gelidi territori dell'informatica alle sognanti lande del tempo immaginario, dalla fascinosa teoria della relatività alle visionarie fiabe di Lewis Carroll: torniamo ora alla tangibile realtà del mondo fisico con un problema facile facile di cinematica e matematica applicata, nell'ambientazione tipica All Stars.

Le fatiche di Chiara, ovvero è inutile correre se sei sulla strada sbagliata!

Lunedì sera. Gli All Stars iniziano l'allenamento settimanale con la solita corsa di riscaldamento intorno al campo. Patrice raccomanda di stare in gruppo e di mantenere un passo costante e non troppo veloce, ma la solita esuberante Chiara non riesce a contenere la propria fisicità, superando e staccando in breve tempo tutto il gruppo dei compagni di squadra.

Patrice arresta allora l'esercizio e rivolto a Chiara l'apostrofa così :«Se proprio vuoi darti da fare, ti propongo un nuovo esercizio: mentre il resto della squadra girerà intorno al campo a passo di corsa, tu girerai intorno alla squadra! Pensi di riuscire in questa prova?»

«Non ci avevo mai pensato Coach!!» esclama Chiara, «certo che ci riuscirò, sarà una cosa da nulla!»

«Bene, allora proviamo» conclude Patrice. «Ragazzi, restate esattamente sul perimetro del campo e cercate di mantenere una velocità tale da completare un giro in 30 secondi. Escludendo Chiara siete in 11: mantenete una distanza fra di voi di 1 metro. Tu Chiara parti insieme all'ultimo della fila, corri per raggiungere il primo, giri indietro, torni all'ultimo della fila e riparti per raggiungere nuovamente la testa... Ah Chiara, per rendere più interessante il tutto, devi raggiungere nuovamente il compagno che chiude la fila nel contempo che lui ha completato un giro di campo. PRONTI? VIA!!»

Massimo (che come al solito, armato di carta, penna e calcolatrice, ha stimato la velocità media da tenere, oltre naturalmente all'accelerazione centripeta, alla forza centrifuga, al momento angolare e ad un altro paio di parametri fisici dal significato più oscuro... ) parte in testa seguito dai 10 compagni e da Chiara. Dopo alcuni giri Chiara esclama trionfante :«AH AH AH! Niente di più facile, un gioco da ragazzi... anzi da All Girls!!»

Quesito 1: che velocità media deve tenere Chiara per superare la prova? Ad ogni giro del campo fatto dai suoi compagni, che distanza percorre Chiara?

Patrice interrompe nuovamente l'esercizio e, leggermente contrariato, propone a Chiara un nuovo test :«Adesso facciamo così: Massimo correrà da solo per 3 giri intorno al campo, correndo il primo giro in 30 secondi ed accelerando istantaneamente ad ogni giro successivo per aumentare la velocità secondo una semplice progressione aritmetica» (e Massimo comincia a calcolare alla quinta decimale le velocità sul giro, il momento d'inerzia, la quantità di moto, l'energia cinetica... O_o ) «tu Chiara partirai insieme a Massimo, ma nella direzione opposta e, quando vi rincontrerete, dovrai invertire il senso di marcia, raggiungere nuovamente Massimo e completare il giro contemporaneamente a lui. E questo per tutti e tre i giri».

«Mi sembra un poco più complicato Coach, ma ce la posso fare. Pronto Max? Partiamo!!»

Quesito 2: riuscirà questa volta Chiara a portare a termine la prova? Che velocità media dovrà tenete nel terzo ed ultimo giro?

Prendete voi ora carta, penna e calcolatrice e soprattutto... scatenate i vostri neuroni! Ah dimenticavo... sono ammesse misurazioni sperimentali sul campo di Sulbiate: quindi, se volete, armatevi di cronometro e... correte!! xD

12/07/10

Brain Training #3: le torte di compleanno

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Carissimi All Stars ecco l'ultimo Brain Training prima delle meritate vacanze agostane. Per darvi materiale su cui riflettere ho scelto un problema a livelli differenziati: il quesito A è infatti di livello facile, il quesito B è leggermente più complesso (livello medio), mentre il quesito C, decisamente più "astratto", sfiora il livello diabolico.

Il problema può essere affrontato da più punti di vista e con metodi diversi: algebra, geometria, approssimazioni successive, semplice intuizione.

Le torte di compleanno: penso dunque mangio!!

E' il giorno del suo compleanno e allora Luca decide di festeggiare in palestra con gli amici portando cibarie e bevande per tutti. In particolare, conoscendo bene i suoi polli, porta due splendide torte al cioccolato solo per Laura e Davide.

I due golosastri si stanno per avventare sulle torte quando Luca, con una strana luce negli occhi, li ferma dicendo:

"Eh no cari ragazzi, troppo facile!! Dovete meritarvi la vostra dose di cacao e zucchero!! Per mangiare le torte dovete rispettare queste condizioni:

  1. Davide deve tagliare la prima torta in 2 parti, nelle proporzioni che preferisce.
  2. Laura dovrà scegliere quali delle 2 fette mangiare, a Davide toccherà l'altra.
  3. Davide taglierà quindi la seconda torta in 2 parti, sempre nelle proporzioni da lui preferite.
  4. Se Laura avrà scelto la prima volta la fetta più grande, dovrà mangiare la fetta più piccola della seconda torta, e viceversa.

Avanti Davide comincia a tagliare!!"

Davide pensa intensamente per alcuni minuti, osservando famelicamente le attraenti torte, e alla fine decide la sua strategia di taglio che gli consente di mangiare più torta di Laura.

QUESITO A: La strategia di Davide ha avuto successo!! Come taglia le 2 torte Davide? Quanta torta riesce a mangiare?

Dopo qualche mese, per il suo compleanno, anche Claudia decide di festeggiare in palestra e pensa fra sé: "L'altra volta la povera Laura ha avuto meno torta di Davide: questa volta porterò 3 torte e consentirò a Laura di scegliere per 2 volte la fetta più grande nell'ordine da lei preferito, così sicuramente mangerà più torta di Davide!!"

Ma questa volta Claudia si sbaglia e Davide esegue i tre tagli con una perfetta strategia che non dà scampo a Laura, riuscendo anche questa volta a mangiare più torta.

QUESITO B: Come taglia le 3 torte Davide? Quanta torta riesce a mangiare?

A questo punto entra in campo Massimo che afferma: "Il fenomeno è governato da una legge fisica che non lascia scampo a Laura: anche se qualcuno portasse 100 torte e Laura potesse scegliere 99 volte la fetta più grande, purtroppo per lei, non mangerebbe lo stesso più torta di Davide!!"

QUESITO C: Quale è la relazione che permette a Massimo di fare la sua affermazione? Date n torte, quale è la strategia di taglio ottimale per Davide? Date n torte che parte di esse potrà mangiare al massimo Laura?

Coraggio al lavoro! Il primo quesito è veramente alla portata di tutti, il secondo (una volta trovato il metodo per il primo) può essere affrontato e risolto. Per il terzo... in bocca al lupo!

25/06/10

Brain Training #1: è "tempo" di pulizie

18 commenti

Per cominciare questa nuova rubrica, vi propongo un quesito di fisica applicata relativamente semplice ma con alcuni risvolti interessanti.

E' "tempo" di pulizie

Arriva finalmente la bella stagione e gli All Stars decidono che è ora di dedicarsi alla risistemazione e alla pulizia della palestra di Oreno. Il "tirannico" Coach Patrice comanda alla corvée Claudia, Luca e Davide.

Iniziate finalmente le pulizie, ci si accorge velocemente di differenze sostanziali nei rendimenti e Claudia, da bravo manager, si mette a fare alcuni conti, dai quali deduce che:

  • Claudia e Davide pulirebbero tutto in 6 ore
  • Luca e Davide pulirebbero tutto in 3 ore
  • Claudia e Luca pulirebbero tutto in 1 ora e 12 minuti

Dopo poco però i maschietti, con la scusa delle partita dei Mondiali e con lo scopo finale di farsi "una birretta tra soli uomini", si assentano.

Quesito A: quanto tempo impiega Claudia a riordinare la palestra da sola?

Quesito B: quale è il significato fisico del tempo che avrebbe impiegato da solo Davide?

Sono ammesse risposte qualitative (chiaramente più facili ed immediate), ma solo la prima risposta quantitativamente corretta meriterà la vittoria finale!!

A voi la parola, vi lascio un po' di giorni per dedicarvi al problema... xD

15/05/10

Entanglement

2 commenti
L'entanglement quantistico o correlazione quantistica è un fenomeno in cui ogni stato quantico di un insieme di due o più sistemi dipende degli stati di ciascuno dei sistemi che compongono l'insieme, anche se questi sono separati spazialmente. Il termine viene a volte reso in italiano con "non-separabilità". [Wikipedia]

FRAMMENTO NUMERO UNO. Alla fine ancora non ho ben capito. Forse si tratta di Max, forse di Rocco. O forse sono entrambi. Fatto sta che qualcuno ogni tanto si diverte a scrivere sul blog e sul “grido” con lo pseudonimo di Pensiero Profondo. E’ nato tutto al tempo di quel post di pseudo fisica pubblicato da Rocco, mi pare. Ciò che ne è derivato è che ogni tanto, a spot, c’è un  qualcuno che si sente in dovere di scrivere perle di saggezze celandosi dietro un’identità astratta. Frammenti di profondità d’animo ed echi di materia grigia sporcano quindi il nostro blog. Lo colorano, gli danno vigore e persistenza.


FRAMMENTO NUMERO DUE. Ero poco più che un ragazzino e avevo scoperto, leggendo un libro che parlava di giochi e di passatempi, quella cosa meravigliosa che è il gioco del go. Pietre bianche, pietre nere, una tavolo di ascisse ed ordinate, tre o quattro semplici regole, che danno vita ad un gioco leggero ma profondo quanto gli scacchi. Affascinante e piacevole quanto un fiaba. Un gioco dall’essenza e dall’apparenza logico matematica, ma che si rivela portatore verità filosofiche. Un passatempo dotto ma così trasparente da potersi gustare anche con un sottofondo di jazz, o rock, o tutto quello che vi può coinvolgere e rilassare. Ne ho parlato a Luca, ne ho parlato nello spogliatoio di Oreno anche con Max. Forse anche con Rocco. E ne ho accennato anche alle ragazze, ma avvertendole, non è roba per voi! E’ roba scacciafiga!

FRAMMENTO NUMERO TRE. Settimana scorsa ho ricevuto il pezzo di carta che aspettavo da un anno. Il nostro pianeta ha percorso miliardi di chilometri, ma rispetto alla profondità del cosmo è tornato là, in quel punto dove l’anno scorso ho lasciato la vecchia ditta per provare una nuova avventura. Questo pezzo di carta dice che non sono più un precario, ho di nuovo un contratto a tempo indeterminato. Marina era fiduciosa, sapeva che mi avrebbero confermato. Quindi, contro ogni scaramanzia, mi ha fatto un regalo prima che mi giungesse ufficialmente la buona notizia… mamma mia… Ma vi pare? Ma sono cose da farsi? La sera del pezzo di carta però, ho finalmente aperto il mio pacchetto. Nascosto da una elegante carta rossa c’era “L’eleganza del riccio”, di Muriel Barbery.

FRAMMENTO NUMERO QUATTRO. Due sono le protagoniste di quel romanzo. Una signora, la portinaia del palazzo, ed una ragazzina, che in quel palazzo abita con la sua famiglia. La ragazzina scrive profonde riflessioni e spesso le numera. Le chiama Pensiero Profondo. E, appunto, li numera. Io non sono arrivato neanche a metà della lettura, ma ho già incontrato il Pensiero Profondo numero 7. Recita così: “Costruisci/la tua vita/la tua morte/queste sono solo/banali conseguenze”.

FRAMMENTO NUMERO CINQUE. Questo pensiero profondo parla del GO. Trascrivo: “…non è l’equivalente giapponese degli scacchi. Se escludiamo il fatto che si gioca su una scacchiera e che due avversari si affrontano con dei pezzi neri e bianchi, non hanno proprio un bel niente in comune. Negli scacchi, per vincere bisogna uccidere. Nel go, bisogna costruire per vivere. […] Lo scopo del gioco non è quello di mangiare l’altro, ma di costruire il territorio più vasto. Per la cattura delle pietre la regola prevede che ci si può suicidare se si tratta di prendere delle pietre avversarie, e che non è assolutamente vietato andare dove automaticamente si è presi.” Tanti anni fa, su quel vecchio libro, che ora ho tra le mie mani, avevo letto: “Il go è il judo della mente, è un tendere alla vittoria non contro l’avversario ma per suo mezzo, è agonismo ed espressione estetica. […] Armonia ed equilibrio, disciplina e controllo, rito e universalizzazione dello spirito; una vittoria schiacciante lascia sgomento il vincitore non meno del vinto e ambedue si compiacciono quando, a partita finita, il go-ban si presenta armoniosamente istoriato di pedine nere e bianche.” 


02/04/10

Siamo in una costellazione

3 commenti

vi ho già spedito i miei blasfemi auguri;
dispenso ora quelli seri e puri:
che ognuno trovi la sua propria stella
e intorno a sé costellazion più bella!

Ricordatevi stelline: intorno a voi c'e` una costellazione che vi puo` dare sempre un aiuto, un suggerimento, un consiglio che anche se sbagliato fa evolvere nella ricerca di un equilibrio dinamico... e fa sentire tutti vicini e uniti...

03/03/10

L'universo: l'ordine o-piccolo del CAOS

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Partiamo dall'esistenza del MOTORE A IMPROBABILITA' INFINITA dell'astronave Cuore d'Oro dell'Universo di Douglas Adams e lo inseriamo nell'universo quantico definito da Massimo.

Tale motore rende il CASO/CAOS causa della vita, dell'universo e di tutto quanto.

Infatti tale paradossale motore, la cui incosistenza certifica la sua esistenza, considera nel trasposto (e nel trasporto) la quinta dimensione - la probabilità - rendendo obsoleto l'iperspazio e dando credibilità al reale e all'immaginario. Questa tecnologia sfrutta e modifica l'indice di improbabilità, vale a dire le possibilità che una determinata cosa accada: ad un indice di improbabilità di 1 a 1, tutto è normale; se l'indice aumenta (2 a 1, 3 a 1, fino a infinito a 1), ogni cosa ha maggiori possibilità di accadere.

Semplifichiamo estremizzando i concetti, mettendoli a contrasto:
- probabilità => realtà/causa-effetto/ordine/1
- improbabilità => immaginario/caso/caos/0
- finito = certo/definito/determinato/1
- infinito = incerto/indefinito/indeterminato/∞

1. Probabilità finita = realtà certa
2. Improbabilità inifinita = l'(im)probabilità che un evento immaginario accada in un universo talmente indeterminato che potrebbe essere realmente definito = realtà certa

Nel primo caso: 1x1=1, cioè tutto è predeterminato = concetto di Destino lineare, monodimensionale e immodificabile
Nel secondo caso: 0x∞=qualsiasi cosa compreso 1, cioè tutto è frutto di una scelta più o meno consapevole, ognuna delle quali produce un nuovo scenario = concetto di Caso/Fato dinamico, pluridimensionale e variabile... quanto c'è di più reale!

Dimostrata l'esistenza dell'improbabilità infinita come immaginario fato caotico, ecco perché nell'ordine esiste una sola soluzione, mentre nel caos ci sono infinite possibilità risolutive; per questo l'ordine è solamente un o-piccolo (ovvero lo sfigatiello trascurabile) del caos!

Ed ecco perché la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto è...
(vediamo chi completa correttamente :-D )