Pensieri Profondi

PENSIERI PROFONDI
«Ho controllato molto approfonditamente e questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la domanda». (Pensiero Profondo)

06/10/13

PICCOLO MANIFESTO di Luca Vettori

Riporto qui di seguito il testo completo dell'articolo scritto da Luca Vettori, pubblicato sul numero 73 di iVolley Magazine e poi ripreso da altre testate giornalistiche e blog. Mi ha colpito la serietà delle parole di questo giovane talento del volley, soprattutto in confronto alla vacuità di certi giovani talenti del mondo del calcio...

----------------------------------------------------------------------------------

Luca VettoriAvevo già in mente di scrivere quanto segue, comunque fosse andata questa esperienza d’Europa. Avrei scritto nel mio intimo, scuotendo come una tovaglia le riflessioni condivise con alcune persone, osservando con lucida commozione quelle briciole preziose cadere. Forse, il mio intimo, oggi, è divenuto qualcosa di cui rendere partecipi ancora più persone.

Mi raccomando: non mi si fraintenda. Ciò che scrivo è una riflessione sulle difficoltà e sulle possibilità dello sport Pallavolo in quanto sistema sociale, non, assolutamente, un’analisi dell’ambito agonistico della Nazionale Seniores Maschile.
Forse sono meditazioni giunte un po’ tardi. Ma non importa. Si considerino come un piccolo seme lanciato alle intemperie. Un grande miracolo o una piccola sconfitta.

Il mio pensiero oggi corre al popolo invisibile della pallavolo; all'intero movimento, ad ogni tesserato, ad ogni giocatore ad ogni giocatrice, di qualunque serie; alle selezioni provinciali ed a quelle regionali, alle nazionali maggiori ed a quelle giovanili. Penso al fatto che vi sia una pratica vastissima e diffusissima del nostro sport, ma che, nonostante ciò, la pallavolo continui ad esser percepita come uno sport invisibile. La pallavolo è uno sport vivo ma invisibile. Perché? L’unica cosa che possiamo fare è studiare. Studiare i successi e i meccanismi dalle altre nazioni, dagli altri movimenti, dal passato, tentando di prevedere alcuni passi per il futuro. Studiare per proteggerci. Proteggere lo sport ed il movimento nazionale. Proteggersi l’un l’altro, consolidarsi. Divenire un sistema compatto e raggiungibile, dalle basi ai vertici, orientato verso una direzione condivisa, una direzione che scansi le proprie volontà individuali e si rivolga verso un punto di vista comune, collettivo, concreto. Quali sono le mete che la pallavolo si prefissa? Chi le prefissa?

Io vorrei provare a rispondere, serenamente. Credo che il movimento debba crearsi un’identità, debba intrecciare le corde sparse di un tappeto sfilacciato. Quindi stringersi, riunirsi e rappresentarsi. A discapito di quanto si potrebbe credere, proprio questa mancanza di identità ci rende avvantaggiati: noi possiamo essere creatori e fabbri di una Pallavolo da costruire, possiamo indirizzare e spingere la nostra essenza dove desideriamo. La pallavolo non è stereotipo, non è gossip, non è propaganda o pubblicità. Io credo la pallavolo possa comparire (e non apparire), finalmente, come Lo Sport che rivendichi valori, Lo Sport che educhi. Sforzandomi di non esser retorico tento di precisare quali valori e perché. Il valore che più rivendico è quello dell’impegno educativo. Ovvero il fatto che la pratica di uno sport non debba eclissare esigenze e pulsioni estranee allo sport stesso. Ma piuttosto incentivarne l’importanza e sottolinearne la necessità. Un giovane, quanto un adulto, deve percepire l’importanza e l’attenzione di quanto sta facendo, del proprio lavoro, del proprio hobby; e allo stesso tempo deve comprendere la propria presenza sociale, reale, vitale.

La nostra problematica non è quella della visibilità, ma quella della risonanza. La risonanza deve riuscire a interrogare non solo l’ambiente limitato della pallavolo, ma coinvolgere anche altre direzioni e altri punti d’interesse, proprio quelli che noi vogliamo, quelli che ci possono identificare. Sarebbe astuto rivolgersi a realtà che abbiano la nostra stessa lacuna di risonanza: due corpi che spalleggiandosi si sostengono e ampliano il proprio orizzonte di popolarità. Penso al mondo invisibile della cultura: ai teatri, ai cinema, ai circoli letterari. Penso al mondo invisibile della socialità, del sostegno, dell’equo-solidale, dell’impegno. Penso al mondo invisibile della sostenibilità, dell’ecologia, dei prodotti locali. Penso alle piccole realtà multimediali che strizzano l’occhio allo sport in modo intelligente ed eclettico (schiacciamisto5, iltuovolley…). E penso a tutte quelle iniziative locali, comunali, che, pur sforzandosi di amalgamare sport e cultura, passano inosservate.

Nel momento in cui la pallavolo sostiene la cultura, l’etica sociale ed ambientale, viene notata non più solo dalla nicchia sportiva ma da un respiro più ampio e circolare. Parimenti la cultura s’infiltra nello sport, nel pubblico e nell'ambiente sportivo. Questa non vorrebbe essere una crociata individuale ma un invito. Sogno rivoluzioni culturali semplici e dirette. Lo sport è il nostro ambiente, questo è il nostro tempo: sta a noi renderci come desideriamo. La pallavolo è uno sport invisibile ma vivo. Perciò viviamoCi. O ancora meglio, mettiamoci in gioco.

Luca Vettori

---------------------------------------------------------------------------------

Luca Vettori (Parma, 26 aprile 1991) gioca nel ruolo di opposto nella Pallavolo Piacenza. Ha recentemente partecipato nelle file della Nazionale italiana ai Campionati Europei, dove si è meritato il titolo di Miglior Schiacciatore.

13 commenti:

6 Patrice ha detto...

E' raro vedere uno sportivo professionista in piena carriera prendere la penna per esprimere i suoi desideri, i suoi punti di vista.
E’ un bene per il pubblico che alcuni di essi come Vettori, si esprimano sul loro sport, sulla loro carriera su come vengono percepiti senza passare dai giornalisti che possono deformare le loro parole, le loro intenzioni.
E’ ancora piu’ raro che uno sportivo professionista parli durante la sua carriera. Di solito lo fanno tramite autobiografie dopo avere fermato tutto.

Vettori dice che la pallavolo e’ uno sport vivo e’ invisibile. Lo e’ sicuramente in Italia, in Francia, possibilmente in Germania e in altri paesi dove un altro sport e’ re’. Parliamo del calcio per questi tre paesi, ma potremo parlare del basket, del hockey, del rugby. Esistono pero’ altri paesi come la Pologna che vivono per la pallavolo e le sconfitte della squadra nazionale sono viste male da tutto il paese.
Ma e’ vero che al livello mondiale, la pallavolo non e’ uno sport seguito dalla gente non praticante, dalla nonna di turno o dai nonni al bar.

La pallavolo e’ lo sport piu’ praticato al mondo (si’, si’), pero’ e’ anche uno di quelli meno seguiti. Poche righe nei giornali sportivi, pochi minuti alla TV nazionale, poco conosciuto dal grande pubblico, dal Sig. Lambda.
Perche’?
Sto ragionando a voce alta e non penso che sia la ragione ma mi ci butto.

Secondo me uno sport viene conosciuto perche’ prima di tutto e’ bello da vedere ed e’ semplice da capire da tutti. Poi perche’ ci sono piu’ giocatori che creano la storia di quel sport. Dei fenomeni, dei campioni che rispingono i limiti dello sport molto piu’ lontani da quelli che erano. Dei giocatori che da soli possono fare vincere un partita, un campionato, un torneo, un mondiale.

E’ semplice trovare nei sport individuali un fuori classe e lo e’ anche negli sport di squadra. Calcio, rugby, pallamano, basket, baseball, tutti questi sport sono basati anche su una componente individuale non da poco dove il singolo puo’ saltare agli occhi degli osservatori, spettatori o telespettatori e che permette di dire: “Lui e’bravo!!”
Questi punti, dal mio punto di vista, fanno si che uno sport venga seguito piu’ di un altro sport perche’, lo spettatore capisce e si puo’, riconoscere immedesimare ai giocatori sul campo.
E la pallavolo?

6 Patrice ha detto...

Solo un pubblico che ci conosce puo’ realmente capire, apprezzare il vero livello dei singoli giocatori.
Un Sig. Lambda vede 6 giocatori che fanno 3 tocchi e ributtano la palla al di la’ della rete il piu’ forte possibile. Non vede quello che noi vediamo: gli schemi, i ruoli, il singolo.
Nella pallavolo, e’ difficile vedere il concetto di Coubertin, l’essenza dello sport, il famoso: “Plus vite, plus haut, plus fort”.
12 giocatori che sembrano uguali, saltando alla stessa altezza o picchiando la palla con la stessa forza. Lo scontro indiretto (senza contatto) tra avversari, la giusta misura tra competenze individuali e schemi di squadra, componenti cosi’ belle della pallavolo, impediscono una veloce comprensione dello sport stesso e quindi impediscono la sua popolarita’ verso i non praticanti.

Ogni sport ad una sua icona nel passato, nel presente, un giocatore conosciuto da tutti anche se non ci si interessa a quel sport in particolare: Messi, Platini, Zidane, Pele, Ronaldo, … per il calcio ; Wilkinson, Carter per il rugby ; Jordan, LeBron James per il basket ; Borg, McEnroe, Agassi, Federer per il tennis ; Tiger Woods per il golf.
Tutta la gente che conosce lo sport senza esserne esperto conosce questi nomi. Per la pallavolo, purtroppo non e’ il caso. I pallavolisti conoscono i giocatori della loro nazionale (e ancora…) ma non conoscono gli altri giocatori stranieri. Quindi il signor lambda…lasciamo stare.

Il fatto che nessuno sembra piu’ bravo dell’altro al primo colpo d’occhio impedisce alla gente di soffermarsi sullo sport. Capire questo sport non e’ immediato e quindi non viene seguito.
E poo, avete gia’ visto una pubblicita’ della TIM con Savani come guest? No, perche’ Savani anche se molto bravo nel suo sport non viene visto come fenomeno, non sembra piu’ bravo di X o di Y per il Sig. Lambda e quindi non attira l’attenzione degli sponsor, della TV, dei giornali.
Non vende…

Le soluzioni?
Come dice Vettori, magari passando da una via di traverso accoppiandosi con un altro mondo che anche lui a problemi di risonanza come spiega benissimo Luca.
Avere giocatori con piu’ carismo, che non hanno paura di dire la loro.
Avere una federazione internazionale che riesce a dare un’immagine che invita la gente a seguire.

Il cantiere sara’ lungo e vasto e non so se ci sara’ una soluzione…
Ma penso che la prima domanda e’ : lo vogliamo veramente?

PS1: Vorrei fare notare che non ho usato una volta la parola “soldi” fin qui. Ho voluto fare vedere l’aspetto sportivo e solo sportivo ma sappiamo tutti che sono i soldi che decidono
PS2: Consiglio la lettura di Open, autobiografia di Andre Agassi per capire un po’ meglio gli sportivi professionisti.

14 Sara ha detto...

Mi piace quello che hai scritto Pat! Non so se il tuo pensiero sull'invisibilità della pallavolo corrisponda alla verità ma di sicuro le tue motivazioni le trovo convincenti e logiche...
Riguardo al discorso soldi, non sono tanto certa che il "dio soldo" sia il motore che ha fatto muovere altri sport più che il volley, mi vien da pensare che potrebbe essere anche il contrario: dato che qualche sport è diventato più visibile e più seguito ha iniziato a far muovere la macchina del business perchè qualche "imprenditore" ci ha visto dietro la fonte di guadagno..
Però ti dirò una cosa, che il NOSTRO sport sia più o meno visibile, io sono comunque fiera di far parte di questo mondo, con tutti i suoi valori.. e non ho intenzione di mollarlo tanto facilmente, spero di farne parte ancora per molto tempo come giocatrice, limiti fisici permettendo, e non solo! :)

12 luca ha detto...

concordo su tutto quanto ha detto il Coach. ho sempre pensato ke la pallavolo sia uno sport "incomprensibile" x i non-addetti-ai-lavori. lo so xkè io lo ero fino a 6 anni fa, prima di affrontare qsta avventura seriamente. l'azione di gioco velocissima, ke si conclude obbligatoriamente al 3° tocco lo rende poco o x nulla televisivo. ancora oggi, ke lo capisco un filo meglio, preferisco di gran lunga giocarlo e, se mi distraggo un secondo e perdo la visione dello skema o della giocata tecnica, vedo l'azione x qllo ke è, cioè un pallone ke viene colpito 2 volte e alla terza viene messo giù. penso ke x come è strutturato, qsto sport resterà sempre così: magnifico da giocare (è lo sport + praticato), ma poco vendibile alle masse.

24 Claudia ha detto...

Questo ragazzo mi piace. Mi piace un sacco e vi dirò, dopo averlo visto in campo agli europei (un esordiente che entra con lo spirito di un 'veterano'), non mi stupisce leggere un suo pezzo così profondo e così pieno di spunti importanti.

Quello che mi stupisce è la modalità... il modo di non essere polemico ma propositivo nell'affrontare una questione importante.

Quando scrive 'La nostra problematica non è quella della visibilità, ma quella della risonanza' fa una sintesi eccezionale di tutte le considerazioni fatte qui sopra e va oltre proponendo una sorta di 'gioco di squadra' fuori dal campo, spalla a spalla con altri ambiti di pari valore.

Io credo che sia corretto parlare di lacuna della risonanza anche se credo che la responsabilità non sia solo di chi comunica ma soprattutto, e in particolar modo oggi, di chi riceve.

Personalmente sono sempre più propensa a pensare che tutto quello che si può definire 'di nicchia' possa in qualche modo preservare qualità che lo rendono migliore.

Penso invece sia sbagliato (o inopportuno) parlare di invisibilità.

Noi che pratichiamo questo sport o che facciamo volontariato (tra di noi ce ne sono diversi) non dobbiamo mai sentirci invisibili. Guai se fosse così, perderemmo gli stimoli per continuare sulla nostra strada.

Per concludere... I miei sentiti complimenti a Luca, vettoriale e incisivo anche nello scrivere.
Un ragazzo che lascerà sicuramente il segno.

41 Simone ha detto...

Se si parla di sport "di nicchia" non posso lasciarmi sfuggire l'occasione.
Premetto, ovviamente, che la mia considerazione trasla su un altro sport a me caro ma che è applicabile anche alla pallavolo.

Patrice ha omesso la questione soldi. Io invece la affronto volutamente per dimostrare che è un falso problema.

Noi della pallacanestro abbiamo una risonanza ancor minore della pallavolo. Il che risulta essere un dato inspiegabile, dal momento che le parite organizzate dal Comitato Regionale Lombardo (quindi quelle di campionati federali a livello provinciale e regionale, escludendo le 5 categorie nazionali e qualsiasi campionato non affiliato come CSI, PGS, etc.) sono annulamente più di 5000. E' la regione in Italia col maggior numero di tesserati, ancor più del Lazio (più vasto) e dell'Emilia Romagna dove Bologna è storicamente considerata la Basket City.

Eppure, di recente, la Nazionale di Pallacanestro che ha affrontato gli Europei chiusi all'8° posto ha dovuto lottare fino al giorno precedente per un posto televisivo.

Bisogna ammetterlo, negli ultimi 15 anni, nonostante grossi giocatori, in Italia non è spuntato nessuno dell'appeal di Antonello Riva, Meneghin o Marzorati. Quindi, può essere anche una motivazione che, un livello generalmente più basso, non invogli lo spettatore medio ad appassionarsi a questo sport.

Ma perchè il livello si è abbassato? Soldi? Ni.

E' economicamente provato che nessun presidente di qualsivoglia società di qualsivoglia sport investa per guadagnare. Nessuno, tantomeno nel calcio. Anzi, a volerla dire tutta, il mondo del calcio è ciò che economicamente può essere più deleterio per un imprenditore. Quindi perchè investire se so che ci perdo? Background culturale.

In Italia siamo restii ad abbandonare qualsiasi connessione cultirale col passato.

Prendiamo l'esempio Spagna: le vengono assegnate le Olimpiadi a Barcellona nel 1992. Le federazioni si guardano in faccia e con molta sincerità si dicono: siamo delle merde in pressochè tutti gli sport. Bene, allora programmiamo una crescita. Non poniamoci come obiettivo risultati stratosferici alle Olimpiadi, puntiamo a risultati stratosferici nei prossimi 20 anni.

Nel 1990 i giornali spagnoli scrivevano quello che letteralmente sarebbe "Gli Italiani ci hanno triturato i coglioni"; li battevamo in tutto: calcio, volley, basket, nuoto, danza, biglie in spiaggia. Poi hanno girato la vite e guardateli ora: primeggiano ovunque.

41 Simone ha detto...

Il perchè è semplice: hanno cambiato mentalità. Sono voluti crescere in tutti gli aspetti sportivi, hanno abbandonato il background culturale che, come ogni Paese latino, aveva nel calcio il sommo Dio.

Hanno investito soldi su tutto ad ampio raggio. Non abbiamo giocatori che di natura sono fenomeni? Facciamoli diventare.

Ciò che in Italia manca è la cultura dell'investimento culturale ancor più che economico.
In Italia si seguono le "mode", cioè si decide a tavolino cosa si deve guardare e cosa no. Ora è di moda il rugby, allora tutti a incensare la Nazionale, eslusiva per questa partita, esclusiva per quell'altra. Domanda: quanti sanno che campionato affrontano il Benetton Treviso e le Zebre? Se siete così appassionati e vorreste fare 180000 spettatori per Italia-Nuova Zelanda, perchè poi a vedere Treviso-Connacht sono in 800 allo stadio Morigo? Se ti piace uno sport lo segui a prescindere, non sei fan solo per le partite epiche.

Dunque, in Italia non riusciamo a staccarci dal campanilismo culturale. Meglio perdere molti soldi nel calcio, che perderne pochi in altri sport. Si travalica ogni legge di mercato. Non importa se in alcuni sport la tua Nazionale ha vinto 2 mondiali di fila, è stata giudicata miglior Nazionale del secolo, con il miglior giocatore del secolo; noi siamo quelli che abbiamo sempre giocato a calcio, quelli che vinsero due mondiali di fila nel 1934 e 1938, siamo quelli forti. Perchè dovremmo staccarcene? Poi passano 44 anni a quando riottieni un risultato degno di nota, ma noi siamo quelli forti che hanno sempre giocato a calcio. Gli altri sport non ci interessano.
Un attimo solo, come dici? Ora neanche qui nascono più fenomeni mondiali? Impossibile, gli italiani hanno sempre giocato a calcio. Al momento abbiamo ben pochi liquidi da investire, ma è evidente che se possiamo crescere possiamo farlo solo nel calcio, perchè gli italiani culturalmente sono calciatori nati.

P.S.: mi fermo se no potrei scrivere almeni 200 pagine sull'argomento ma ho altro da fare.

6 Patrice ha detto...

C’e’ una cosa che mi sorprende. Parliamo della pallavolo come sport di nicchia. Non lo e’ per niente. In Italia e’  lo secondo sport dopo il calcio con il piu’ grande numero di tesserati. 320000 di tesserati FIPAV (e solo FIPAV).
Parliamo di risonanza di quello sport al livello nazionale ed internazionale per la gente che non lo segue. Parliamo della sua conoscenza come gioco ma anche degli giocatori professionisti che lo promuovono. Parliamo di trasmissioni in TV o nei giornali importanti (la gazzetta). Non parliamo di pochi praticanti o di livello basso.
Uno sport di nicchia in Italia sarebbe la pallamano o l'hockey su ghiaccio. Loro sono sport di nicchia. Lo era anche il rugby 5/10 anni fa prima che l’Italia entrasse nel torneo delle 5 nazioni.
Leggendo e rileggendo Vettori, e’ quello che capisco. La risonanza della pallavolo, secondo sport in Italia con squadre nazionali che si trovano nelle migliori squadre al mondo da 20 anni, non e’ alla sua altezza.

Secondo me, affrontiamo discorsi diversi da quello esposto da Vettori ma altre tanto interessanti: i sport di nicchia, la cultura sportiva italiana/latina, la formazione e il ruolo dei soldi

C’e’ prima una questione culturale. Uno sport che non viene giocato o e' poco giocato non interessa le masse. Se non c’e’ una nazionale brava o un campionato con livello alto, non se ne parla. C’e’ anche l’attrezzo migliore: il passaparola.
Da bambino ho giocato a calcio perche’ volevo essere il portiere Thomas Price di Holly e Benji. Poi, avevo amici che giocavano a calcio con me a scuola e quindi ho voluto farlo in una societa’ con loro. Avevo 5 anni.
Quando ero bambino, in Francia, i bambini giocavano a calcio, rugby e tennis e le bambine facevano danza o ginnastica. Basta. La pallavolo in Francia, rispetto all’Italia era poco conosciuta. Ho fatto i miei primi bagher a 9/10 anni perche’ il fratello maggiore di un mio amico che era alle medie e che aveva giocato a scuola ce lo ha insegnato. Prima, conoscevo la pallavolo tramite Myla e Shiro… Nessuna squadra di pallavolo francese brava e i miei genitori non conoscevano la pallavolo.
Un bambino comincia uno sport perche’ si vuole immedesimare ad un giocatore, perche’ i suoi amici ne parlano, perche’ vede un cartone animato in TV, perche’ vede il suo fratello maggiore praticare quel sport o giocare a quel sport con i videogiochi.
Quindi, se nella cultura del paese uno sport non esiste a livello giovanili o esiste pochissimo rispetto ad altri sport, non si espande.

Gli Italiani sono calciatori nati perche’ il calcio e’ l’unico sport sviluppato egualmente in tutta l’Italia.

Simo prende l’esempio della Spagna per spiegare lo sviluppo dello sport questi ultimi anni. E’ basato sulla formazione dei nuovi campioni. E’ vero che dalla meta degli anni 2000, gli Spagnoli vincono tutto. (Parentesi per collegarsi al soggetto iniziale: non so se tutti gli sport sono trasmessi di maniera uguale sulla TV spagnola, se hanno una risonanza piu’ alta o se come altrove, il calcio e’ re’.)
Dicevamo che vincono molto: ciclismo, tennis, calcio, pallacanestra. Hanno vinto nel 2007 le Europei di pallavolo con Velasco e da allora sono spariti. Hanno vinto i mondiali di pallamano quest’anno in casa (dopo 4 anni di egemonia francese). Quid del hockey? Del rugby? Dello sci? Dell’atletica leggera? Del nuoto?
Vincono tanto negli sport in qui hanno voluto investire che sono i sport piu’ conosciuti/trasmessi in Europa o negli Stati Uniti. Si creano una vitrina
Poi se guardiamo bene l’esempio spagnolo, hanno una generazione di sportivi fuori classe incredibile: Iniesta, Xavi per il calcio ; Nadal e Ferrer per il tennis ; Marc e Po Gasol, Ibaka per la pallacanestra ; Contador per il ciclismo. Se guardiamo dopo? Nella pallacanestra, non vedo giocatori bravi come Po Gasol o Ibaka che hanno 30 passa anni (ma non me ne intendo molto). Nel calcio, non vedo nuovi fenomeni, nel tennis nessuno.
Quindi, hanno una generazione eccezionale ma tra 7-8 anni quando tutti questi fenomeni saranno a casa? Per il momento, il vuoto…

6 Patrice ha detto...

Va a cicli. Per 10 anni hai una generazione d’oro che si appoggia su uno, due o piu fuori classe e poi… poi hai dei giocatori bravi ma non eccellenti e non vincono piu’. Perche’? perche’ mentre vincono tutto, gli altri paesi cambiano il modo di formare e mentre rimangono su quello che funziona per loro, si accorgono troppo tardi che gli altri li hanno superati…e non vincono piu’.
Per vincere tutto e sempre, ci sono due modi: avere tanti soldi e delle infrastrutture spettacolari (universita’, palestre, coaches, fisioterapisti, biomedicale,…) (USA) o prendere bambini da 6/7 anni e farli lavorare 12 ore al giorno (URSS anni 80/90 e adesso Cina).

E i soldi?
C’e’ bisogno di soldi per investire e all’inizio questo e’ il ruolo delle federazioni e dello stato. Trovare sponsor che vogliono dare un po’ di soldi per la formazione.
Le societa’ sportive sono proprieta’ private e funzionano piu’ o meno come delle aziende. Si vende il marchio (sponsor sulle magliette, magliette vendute, gadget) e l’immagine (soldi che vengono dalla TV).
Se lo sport viene trasmesso molto, la seconda parte aumenta di maniera esponenziale. Per esempio, i dritti televisivi della premier league si vendono 3,7 milliardi di euro per 3 anni (2013-2016). L’ultimo della classifica guadagnera’ 30 millioni di euros…
Se non si va in TV,  pochi soldi arrivano dalla seconda parte… e quindi entra in gioco la volonta’ degli investitori, la passione, la fortuna e l'intelligenza.

Il calcio e’ ormai un po’ diverso perche’ tranne in Germania, tutti club hanno debiti enormi. Ma non vuol dire che il proprietario non abbia soldi. Se ne mette in tasca un bel po’ ma siccome tutto e’ diventato astronomico, fa fatica a seguire lo sviluppo della societa' e quindi vuole vendere. Anche Berlu vuole vendere il Milan… Ma gli è servito su altri lati, e com'e'.

Oggi si vedono gli Arabi o i Russi che comprano non solo la societa’ sportiva, ma anche la citta’. Sanno che non faranno soldi, o pochi con la società ma cercano altro. Cercano un immagine
I Qatari hanno comprato  Parigi tramite il PSG (ma anche il Paris volley, Paris handball e tra poco i dritti di Roland Garros), Ryboblev ha comprato l’AS Monaco e Monaco.
Non fanno piu’ soldi col calcio ma ne fanno con altro. E ne fanno tanto…!

Se ricapitoliamo, non c'e' magia.
Per una formazione ottimale che tenta a creare dei campioni, ci vogliono i soldi dello stato e delle federazioni per fare partire la macchina facendo bella figura al livello internazionale, e la fortuna di avere 2 o 3 fuori classe.
Per un campionato di alto livello che porta soldi alle societa’ che pagano i giocatori una volta formati, ci vogliono i soldi dalla TV, dagli sponsor o dal merchandising (tifosi che non sono per forza praticanti). Ovviamente, e’ piu’ semplice coinvolgere i tifosi quando la cultura spinge. Altrimenti ci si deve inventare altre cose per coinvolgerli come proporre uno show intorno allo sport come gli Americani fanno benissimo. Accoppiare un momento sportivo con un momento di riposo, di divertimento. La finale NFL e’ il riferimento.
Alla fine della storia, meno tifosi ci sono, meno lo sport viene guardato, meno viene trasmesso, meno ci sono sponsor e meno ci sono soldi.

Dobbiamo solo ricordare che questo non impatta per niente il numero di praticanti, i tifosi essendo essenzialmente non praticanti. La pallavolo essendo l'esempio migliore...

PS: E' ovviamente solo un mio punto di vista e non intendo che sia LA verita' ma una delle tante. Mi baso sulle mie conoscenze e su quello che possiamo trovare su Internet per i riferimenti e i numeri. Sempre aperto per condividere... :-)

8 Massimo ha detto...

Veramente una bella discussione! Vi si legge l’amore per lo Sport, vi si sente la passione per il Volley.
Io sto con Vettori: la pallavolo è viva, ma allo stesso tempo invisibile e, a parte qualche caso eccezionale, relegata a sport marginale.
La pallavolo è uno sport strano e difficile da giocare e da capire, con regole complesse, senza contato fisico fra avversari, con tempi di gioco corti e veloci inframezzati da interruzioni…
La pallavolo è uno sport educato ed educativo, il più praticato a livello scolastico, dove accanto alla giusta carica agonistica vige di norma un diffuso fair-play, dove il pubblico applaude i propri colori ma non insulta gli avversari…
La pallavolo è uno sport paritario e democratico, in cui, a differenza della maggior parte degli altri sport, uomini e donne possono giocano assieme, che può essere praticato, anche con ottimi risultati, da tipologie fisiche notevolmente diverse, giocabile virtualmente senza limiti di età…

Pat racconta di come si è avvicinato alla pallavolo (circa 20 anni fa) in Francia. Io posso portarvi la mia esperienza di 40 anni fa in Italia: allora, forse ancora più di adesso, la pallavolo era praticamente l’unico sport (insieme alla ginnastica e alla pallacanestro) praticato a livello scolastico: ma lo si praticava senza la giusta cultura sportiva, con maestri/professori senza le giuste competenze, senza attrezzature idonee (ricordo con terrore i palloni che usavamo, in cuoio, duri e pesanti, un incubo per le dita…). E il calcio era l’unico sport/gioco praticato fuori dalla scuola, l’unico sport raccontato dalla TV e dai giornali.
Solo chi era veramente interessato, solo chi aveva veramente la passione ci provava. Ma eravamo in pochi: allora sì che la pallavolo era veramente uno sport di nicchia
E poi nel 1978 successe qualcosa di strano ed eccezionale: l’Italia ospitò i mondiali di pallavolo e la Nazionale italiana, fino ad allora relegata al ruolo di comparsa, arrivò alla finalissima, sconfitta solamente da un’invincibile Unione Sovietica. E la TV trasmise finalmente la pallavolo (io per la prima volta nel 1978 riuscii a vedere una partita giocata ad alto livello)… E che soddisfazione rispondere alle domande dei miei amici calciofili riguardo alle regole del volley!

Da allora sono stati fatti grandissimi passi avanti dal movimento, ma la pallavolo resta in Italia uno sport marginale (nessuna grande città con una squadra nei campionati di vertice con Roma e Milano rare e fugaci eccezioni, nessun grande sponsor), ma con un suo pubblico consolidato ed una massiccia schiera di praticanti, con una presenza televisiva comunque interessante e varia (anche se RaiSport rinuncia a mostrare le premiazioni del Campionato Europeo con l’Italia medaglia d’argento a discapito di una partita di calcio del campionato di serie D).

Rispondo alla domanda di Pat: Ma lo vogliamo?
NO, a me sta bene così, io non voglio che il nostro sport cambi. La pallavolo non è uno stereotipo? Bene! La pallavolo non è seguita da un pubblico di massa? Non importa! Non voglio che la pallavolo diventi come il calcio, perché ciò significherebbe contagiarsi con tutti quei mali che nel calcio hanno ucciso lo sport a favore del business.
La pallavolo è viva, ma non invisibile, solamente silenziosa e riservata, passatemi l’accostamento, come la cultura.

8 Massimo ha detto...

Riporto, a complemento di quanto detto, questo bel pezzo di Gianluca Pasini, giornalista della Gazzetta dello Sport, pubblicato dopo la finale scudetto del 2012 fra Macerata e Trento.

Strano posto la pallavolo: prima dell´inizio della partita chiamano un minuto di silenzio, nessuno dice il nome dell´amico che non c´è più, ma le due curve iniziano a scandire il suo nome: "Bovo, Bovo". E tutti si alzano ad applaudire.

Strano posto la pallavolo: ci trovi un croato che ha appena vinto lo scudetto che si fa mettere in posa con 2 serbi compagni di squadra, abbracciati a due bandiere diverse. Sulle quali in passato si è versato sangue.

Strano posto la pallavolo: 11.000 e passa spettatori sulle tribune del Forum, i Campioni d´Italia perdono la finale scudetto per una palla contestata (la TV dirà che avevano ragione) e la protesta è qualche fischio o una discussione (civile) fra allenatore e arbitro.

Strano posto la pallavolo: con tifosi delle due squadre che aspettano insieme che aprano le biglietterie e si fanno i complimenti sulle maglie da gioco che andranno ad applaudire.

Strano posto la pallavolo: se riesci a scoprirla (e non è facile, per colpe sue) di solito non la lasci più. In giorni come questo ha qualcosa di magico.

Gianluca Pasini

11 Rocco ha detto...

Finalmente trovo il tempo, dopo aver condiviso il link su fb, x commentare e appoggiare Luca Vettori, x il quale ho provato dopo tanto tempo, dopo Andrea Lucchetta, la Passione verso UN giocatore della pallavolo.
Monicelli, con mia presunzione, avrebbe detto di lui, un uomo di cuore, corpo e cervello... anche se "corpo" in realtà l'avrebbe sostituita con un'altra parola che inizia x c...
Non potevo restare silente nei confronti di un Manifesto dove Pallavolo e Teatro, i 2 hobby che cerco di coltivare con dedizione, slancio ed esaltazione, sono accostati nel tentativo di farli emergere dall'invisibilità, suggerendo loro di spalleggiarsi l'un l'altro, magari anche toccando il campo socio-educativo.
Un tentativo di mettere in pratica questo matrimonio, da parte mia, c'è e ci sarà... ma non posso dirvi altro...

11 Rocco ha detto...

Spero di riuscire ad affrontare la questione, facendo risuonare di + sport e cultura "invisibili", senza necessariamente sporcarli col DioVileDenaro...