Pensieri Profondi

PENSIERI PROFONDI
«Ho controllato molto approfonditamente e questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la domanda». (Pensiero Profondo)

30/06/10

Una squadra e due anime

Come afferma Max, nel commento al precedente post, a Lissone sono emerse, chiare ed evidenti, le due anime della pallavolo amatoriale: l’anima goliardica e l’anima agonistica. Entrambi gli aspetti, entrambi i sapori del nostro sport preferito, in questa incredibile manifestazione di 24 ore, sono stati portati alla luce. La goliardia e l’agonismo, in virtù della loro anarchica compresenza, sono stati motivo evidente di felicità e fonte di inevitabili contraddizioni.

La felicità, dicevo. Riconosco ancora la sensazione di gioia e di spensieratezza che ho provato sabato mattina. Sento ancora addosso il clima di festa e di gioco che si è materializzato intorno a me appena sono arrivato con Luca nell’accampamento della nostra squadra. Giunto nell’oratorio di Lissone, i volti di Patrice e di Claudia, che ci accoglievano, erano colmi di allegria. I loro occhi cercavano i nostri per quel naturale bisogno che hanno gli amici di sentirsi vicino, di sentirsi in risonanza, di sentirsi coinvolti in una partecipazione  di emozioni. Ho percepito in loro, e poi in me, mentre vedevo arrivare un po’ alla volta tutti gli altri All Stars, un bisogno di condivisione ed un senso di appartenenza che (non ridetemi dietro!) ho provato pochissime volte nella mia vita.  Ragazzi, vi vedevo arrivare, vi vedevo prendere posto nell’evento che stava nascendo, ed ero strafelice di condividere con voi quello che tutti avevamo portato a Lissone in eguale quantità: la voglia di vivere un’avventura insieme.

Ognuno di noi è stato attore di questa condivisione di emozioni secondo la sua indole e le sue attitudini. E, per quello che riguarda il lato goliardico ed emotivo del nostro volley, la diversità è il nutrimento ideale del divertimento. Fatemi fare un po’ il liceale: Pirandello diceva che l’umorismo si sviluppa in virtù di due fasi: prima c’è “l’avvertimento del contrario” e poi c’è “il sentimento del contrario”. Se siamo capaci di andare oltre la diffidenza e di andare oltre il semplice avvertimento del contrario, oltre la sorda percezione della diversità, ridiamo e godiamo gli uni degli altri. Siccome siamo diversi e siccome non esiste un modo matematico di incastrarci e di cucirci addosso gli uni sugli altri, finisce che ci divertiamo. Proviamo sentimento per il nostro essere diversi in maniera armoniosa. Andiamo per tentativi, cerchiamo di avvicinarci con lo spirito giusto. Procediamo tentando di comprenderci e ridendo di noi e con noi. Sembra incredibile ma è esattamente quello che accade. Ero così fiero venerdì sera di avere avuto l’idea di comprare all’ Iper uno zerbino da mettere davanti alla super tenda di Claudia, per evitare che troppo sporco raccolto dal terreno di gioco la imbrattasse. Quello che ho ottenuto è stato soltanto, dopo che Claudia ha visto il mio acquisto, la sua più fragorosa risata che le ho mai visto fare. E' stato bellissimo. Evidentemente trovava troppo infantile e troppo innocente il gesto che avevo fatto e rideva. Rideva, sì. Rideva del mio acquisto per la sua tenda. E cosa c’è di più magico?

Però, tutto questo, non funziona quando entra in gioco l’agonismo. Quando si è in partita alcune diversità non sono compatibili con l’armonia del gruppo. Ovviamente non sto parlando delle diversità di altezza o di velocità o di elevazione o di potenza. E’ normale che ci siano queste diversità ed è un bene che ci siamo, perché altrimenti non potremmo giocare tutti insieme: uomini e donne, sbarbati ed egregi signori. In partita,  però, altre diversità non possono evidenziarsi oltre un certo limite di tolleranza.  Essere in campo e percepire sufficienza o scazzo nel comportamento altrui fa del male alla squadra, all’umore e alla prestazione del singolo giocatore.

Non devono esistere differenze apprezzabili in almeno 3 livelli di adesione al gioco: quello di concentrazione, quello di coinvolgimento e quello di volontà di migliorarsi. Potrei scrivere tanto a tal proposito ma finirei col parlare di ruoli e quindi, inevitabilmente, di persone. Questo però non è di mia competenza. E’ compito di Pat far giocare in partita chi ha voglia di giocare con concentrazione, chi ha voglia di buttare il cuore oltre l’ostacolo e chi ha voglia di mettersi in discussione e di migliorarsi un pochino ogni volta. Io, sicuramente, per quelle che sono le mie difficoltà, i mie limiti e le mie carenze, quando sono sovraeccitato  dagli eventi, porto in squadra disagi e atteggiamenti a volte fastidiosi. Però esistono in partita atteggiamenti diametralmente opposti, atteggiamenti di indolenza, che sono sì meno rumorosi, ma che fanno altrettanto male alla squadra e che vanno anch’essi gradualmente eliminati.

Sono sicuro che tutti voi sapete cosa significa, per il nostro benessere e per il nostro umore, tornare alla base dopo una vittoria e tornarci invece dopo una sconfitta. Non avete voglia di giocare meglio e di vincere, tutti insieme, qualche partita in più? Non avete voglia di essere più felici? Proviamoci! Patrice, proviamoci! Forse, un giorno, risolte certe indolenze, smetteremo di vedere la palla cadere 15 volte a set su quella maledetta linea dei 3 tre metri. Linea che, chissà perché, nessuno, negli All Stars, pensa di dover difendere.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Mio caro Davide
leggo oggi con sorpresa le tue riflessioni, parli di sufficenza, scazzo, indolenza (??), mancanza di concentrazione, voglia di perdere, gente che secondo te se ne frega altamente degli altri, un fulmine a ciel sereno..ma si si puo' sapere di chi parli?? a sto punto mi sembra corretto giocare a carte scoperte..
non ti viene forse in mente che la diversita' sta anche nel SAPER buttarsi su ogni palla e nel SAPER difendere la benedetta linea dei tre metri, nel SAPER mantenere alto il livello e la concentrazione e nel SAPER sopportare anche chi in campo e in panchina a volte diventa veramente irritante e fastidioso...e non ti viene forse in mente che per qualcuno la cosa piu' importante è giocare e divertirsi senza sentirsi un/una fallito/a se la partita non viene conquistata?probabilmente a lissone eravamo in due tornei diversi, io sono tornata a casa convinta di aver condiviso qualcosa di bello e poco importa se siamo arrivati ultimi, o quasi, ognuno ha dato quello che poteva dare con la voglia di esserci e questo e' cio' che conta, per me almeno...
Sonia

11 Rocco ha detto...

Mio caro Davide,

sono d'accordo con la prima parte e anch'io credo che lo zerbino da posizionare davanti alla casa degli AllStars in capeggio sia il logo, l'effige, il simbolo del nostro gruppo in questa 24h.

Tuttavia, io non ho visto sul campo e fuori dal campo ne` indolenza, ne` sufficienza, ne` scazzo, nemmeno quando sopraggiungeva la stanchezza... e anzi ho percepito desiderio di voler far bene e meglio con limiti ed ostacoli che ognuno desiderava sormontare!

So che la realta` per ognuno e` cio` che viene "sentito" con i propri filtri di esperienze, sensazioni, emozioni e intenzioni, ma occhio che questo "sentire" puo` differire dalla realta` come Pirandello stesso insegna, per cui sii pronto al confronto dialettico prima di interpretare, perche` potresti accorgerti che alcuni atteggiamenti sono malintesi ;-) so che lo sai fare e che lo hai gia` fatto... probabilmente anche questo tuo scrivere nasce nell'ottica di dialogare per confrontarsi

24 Claudia ha detto...

Mio caro Davide, hai scritto
"E’ compito di Pat far giocare in partita chi ha voglia di giocare con concentrazione, chi ha voglia di buttare il cuore oltre l’ostacolo e chi ha voglia di mettersi in discussione e di migliorarsi un pochino ogni volta."

Secondo me c'è un po' di confusione di ruoli... Mi spiego meglio:

Il compito di Patrice non è quello che tu descrivi, così lo sminuisci e di tanto!!! Il compito di Patrice è quello di far giocare TUTTI formando delle squadre secondo le caratteristiche di ognuno di noi, caratteristiche che lui ben conosce. Questo compito glielo abbiamo affidato noi conoscendo le sue indiscusse doti. Questo compito lui fino ad ora lo ha svolto EGREGIAMENTE. Quando chiama fuori qlc non lo fa perché colui che è dentro non ci sta mettendo il cuore ma perché è in difficoltà (per qualsivoglia ragione) o per cambiare tattica. Con me per esempio lo ha fatto in tutte le partite ma non perché io stessi giocando male.
Se fossimo professionisti ci sarebbe una rosa di 6 stipendiati A e altri stipendiati B, ma siamo una squadra amatoriale e tutti vogliamo/dobbiamo giocare, tutti vogliamo vincere, tutti vogliamo migliorarci e come dice bene Sonia, tutti vogliamo divertirci.

Colgo l'occasione per chiarire, spero definitivamente, che Patrice è il coach e a lui spetta qualsiasi decisione, soprattutto quella dei cambi. E qui faccio un appunto preciso a Chiara che nella partita in palestra mi ha fatto uscire per far giocare la Vale che doveva andare via. Nobile gesto il suo ma se da un lato ha valutato ciò che era meglio per Valentina dall'altro non ha considerato ciò che era meglio per me (io stavo giocando molto bene, quella era l'unica partita che mio marito e i miei amici erano venuti a vedere e fino a quel momento non avevo ancora fatto un set completo).
In ogni caso Chiara ha fatto un gesto che non era di sua competenza e quindi ha sbagliato! Stiamo attenti perché se ognuno di noi fa così rischiamo davvero di fare confusione.

Fidiamoci di Patrice, lui è un grande osservatore e tutte queste cose le sa. Quando siamo in partita sa chi sta giocando al meglio delle sue capacità, sa chi sta subendo o meno la tensione, sa chi entra in partita e chi fa fatica.. deve decidere sempre e in poco tempo.

Questo è il compito di Patrice ed è un compito difficile che, lo sapete anche voi, SOLO LUI E' IN GRADO DI FARE.

LASCIAMOGLIELO FARE!!!

3 CHIARA ha detto...

Cara Claudia, mi spiace che tu abbia preso il mio gesto in modo così personale, convinta che la decisione fosse stata presa da me in autonomia. Innanzi tutto l'idea non è venuta a me, anche perchè in quel momento ero concentrata sull'infortunio di Ornella e non avevo nemmeno notato chi c'era e chi non c'era in campo. Prima di chiederti di uscire comunque ho riferito la cosa a Patrice, non avrei mai fatto una cosa simile di testa mia. So benissimo che non è compito mio decidere formazioni e cambi, non ne sarei in grado. Per me che conta è che in campo ci siano gli All Stars, non le singole persone! Per selezionare chi è meglio che sia in campo in un determinato momento fortunatamente abbiamo Patrice che lo sa fare benissimo (e mi sembra che ciò sia stato riconosciuto da tutti noi!).
Comunque ti chiedo scusa se senza volerlo ti ho offeso, come ti ripeto, in quel momento ero concentrata su altro, non avevo nemmeno notato chi era in campo, chi in panchina e chi tra il pubblico...
Ci vediamo questa sera! CIAO!!!

Anonimo ha detto...

Ciao,sono stata io (Ornella) a parlare cn Chiara e lei gentilmente ha fatto da tramite con Patrice.Nessuno ha imposto niente al coach,è stato solo da me avvisato che c'era una persona che non aveva ancora giocato.Mi spiace che fosse importante x te ma penso che,essendo una squadra,tutti avremmo dovuto giocare anche solo x 5 min,sbaglio?sono anche sicura che se ne parlavi con Vale nn ci sarebbero stati problemi a rimanere in campo..se è possibile a me fa piacere quando mi si dicono le cose,belle o brutte che siano,e anche se possono far male mi danno solo la possibilità di crescere in fiducia verso la persona e,nel caso,rimediare ad un incomprensione,che di solito è la causa di screzi..Comunque Cla x adesso mi salvo che sono ancora invalida poi se mi vuoi picchiare mi metterò in ginocchio da te mentre farò il "mea culpa"!! ;)
Chiara scusa se x colpa mia sei finita in mezzo e grazie x tutto quello che hai fatto!
Ciao Ornella